La Natura della Mente
Tradizionalmente, la via Buddhista può essere divisa in tre stadi: visione, meditazione, ed azione. Dapprima sviluppiamo la corretta visione, su cui poi meditiamo e poi la mettiamo in pratica nelle nostre vite. Nella tradizione Buddhista, ciò che chiamiamo visione è noto in Sanscrito come drishti e in Tibetano come ta wa. Essa indica la maniera con cui guardare alle cose. Essa è considerata estremamente importante. La Quarta Nobile Verità insegnata dal Buddha è la verità della via. La via alla quale mi sto riferendo è il Nobile Ottuplice Sentiero, che comincia con la corretta visione. Dobbiamo riflettere un po’ sul perché la visione è presentata per prima. Perché il nostro modo fondamentale di vedere la vita influenza ogni cosa che pensiamo e facciamo. Perfino le persone che dicono di non avere alcuna filosofia di vita stanno affermando una filosofia. Questa conoscenza influenzerà il loro pensiero e tutto ciò che fanno con le loro vite. Questa è l’essenza di tutto. La nostra visione determina come vediamo le cose, ciò che pensiamo sia importante, ciò che pensiamo non sia importante, i nostri pregiudizi e le nostre inclinazioni. Essa determinerà se daremo valore o no ad argomenti spirituali e creerà i presupposti per il nostro percorso spirituale.
Perché siamo qui oggi? Perché abbiamo un qualche interesse innato nello scoprire una dimensione spirituale nelle nostre vite. Il fatto che pensiate che avere una dimensione spirituale sia importante è la vostra visione. Se non pensaste che trattare con la mente fosse importante, voi non sareste qui. Il nostro basilare modo di vedere è il fondamento. Nelle scuole Tibetane dell’allenamento mentale, come Mahamudra e Dzogchen, una linea di divisione è tracciata tra il nostro modo di vedere di fondo, lo sviluppo interiore della mente che sorge da questa visione, e come lo incorporiamo nelle nostre vite quotidiane. Non è sufficiente possedere una visione ampia. Se non c’è corrispondenza tra i punti di vista e la nostra condotta, siamo in pericolo.
Guru Padmasambhava una volta disse al Re Trisong Detsen, ”La vostra visione deve essere vasta come il cielo, ma la vostra condotta deve essere fine come la farina”
Ci sono persone che sviluppano vasti punti di vista, vedono ogni cosa come vacuità, la vastità dello spazio, e tutto quello che accade come il gioco interdipendente di beatitudine e vacuità. Danno un’ottima impressione. Poi quando sono arroganti, rudi, privi di etica, o disonesti, sostengono che non è importante poiché tutto è comunque vacuità. Credono che il Tantra dia loro una licenza di fare ciò che vogliono. Non è importante, dicono, perché tutto è solo un’espressione della nostra natura primordiale, qualunque cosa questo significhi. Quindi dobbiamo essere molto attenti. Attenti a rendere la nostra visione molto chiara e vasta, ma al tempo stesso mantenere la nostra condotta attenta e precisa. Dobbiamo evitare di cadere in ciò che i Tibetani chiamano la “via del Demone Nero”, pensando che poiché la realtà assoluta è vasta, una spaziosa vacuità, non c’è alcuna differenza in quello che facciamo. Stiamo usando “visione” per indicare la ”conoscenza della natura ultima della mente”. Da un punto di vista Buddhista, qualsiasi cosa è una espressione della nostra mente. Uno dei problemi della società occidentale è quello di sentirci centrati nelle nostre teste. Questo condiziona moltissimo il modo con cui pratichiamo. Quando iniziate a praticare meditazione Mahamudra o Dzogchen, una delle domande che i lama Tibetani fanno sempre è, ”Dov’è la mente?” Poi chiedono ”E’ nel cuore? E’ nello stomaco? E’ nei tuoi piedi? E’ nel tuo intero corpo? E’ dentro di te, o è fuori di te?” Raramente chiedono se è nella testa. A loro non passa per la testa. Che stupida idea! E tuttavia la maggior parte degli occidentali risponderà, ”Ovviamente, la mente è nella testa.” Interessante. Dov’è la mente? Prima di abbandonare l’intera questione e dire ”Ovviamente è nel cervello”, considera che quando qualcuno ti accusa e dice, ”So che tu mi hai rubato del denaro,” per esempio, e rispondi “Ti riferisci a me?” tu indichi il centro del tuo torace, non della tua testa. La maggior parte dei tuoi organi sensoriali sono nella testa giusto? Il nostro naso, i nostri occhi, le nostre orecchie. Ma quando diciamo di sentire qualcosa davvero in profondità, indichiamo il nostro cuore. Pensa a questo. Chiedi a te stesso il perché è così.
Da un punto di vista Buddhista il cervello è solamente il computer. E’ la parte che fa la programmazione. Ma quale è l’energia che guida il
computer? Senza questa energia il computer è morto. L’energia che fa funzionare il computer non risiede nel computer stesso. Recentemente sto leggendo una serie di articoli scritti da alcuni fra i più importanti neurochirurghi. Uno di loro ha fatto notare che sebbene ora conosciamo molto sul cervello, non abbiamo ancora trovato la mente. I Tibetani conoscono il cervello. Se qualcuno è molto tradizionale, incapace di accettare nuove idee, molto preso da vecchi modi di pensiero, i Tibetani li chiamano “quelli dal cervello verde”. L’idea è che il cervello è diventato ammuffito. Essi comprendono che il cervello ha anche fare col pensiero, ma che il pensiero non è la mente. Quando parliamo della mente nel Buddhismo, non ci stiamo riferendo alle facoltà intellettuali. Ci riferiamo a qualcosa di molto più profondo. Infatti, le parole mente e cuore sono intercambiabili. Spesso sono la stessa parola. La parola fondamentale, che è chitta in Sanscrito e sem in Tibetano, significa sia cuore che mente.
Qui nel cuore è dove ti concentri. Questo ti da l’energia, la corrente elettrica per far funzionare il computer senza la quale il computer è morto. Quindi quando meditiamo, dobbiamo imparare a portare quella energia giù a livello del cuore.
Ritorniamo all’argomento specifico della visione. In termini tradizionali, la visione afferma che la nostra mente di saggezza primordiale è vacuità e consapevolezza riunite. Se possiamo aprirci un varco alla natura incondizionata della mente, la condizione fondamentale di chi realmente siamo, restiamo nella consapevolezza non-duale. Siamo coscienza; che è quello che siamo. Conosciamo. Se non conosciamo, siamo addormentati, in un coma, o morti. Conosciamo. Siamo svegli. Ma quella consapevolezza non è concreta. Non è qualcosa alla quale possiamo aggrapparci e dire “Questa è la mia consapevolezza” o “Questo è me”. Essa è trasparente, aperta, e spaziosa. Nella parlata Tibetana, è vuota. Vuota qui significa “come il cielo”. Loro dicono che la mente è come il cielo. Ora, perché dicono questo? Perché se pensi a un cielo profondo, vasto, blu, esso è omnicomprensivo. Esso è lì in alto, ma al tempo stesso è qui in basso. Dove comincia il cielo? Non è, ”Questo è il mio cielo, qui c’è il tuo pezzetto e lì il mio pezzetto.” Appartiene a tutti. Ci sostiene. Senza
spazio non potremmo esistere. I Tibetani paragonano la nostra mente primordiale fondamentale al cielo o allo spazio perché è infinita e vasta, inoltre inafferrabile. Al tempo stesso, è diversa dallo spazio in quanto è consapevole.
Quando otteniamo accesso a questo livello della nostra mente è come essere consapevoli per la prima volta. Questa consapevolezza è non duale; non c’è né soggetto né oggetto. Non c’è un senso di “Io” che fa qualcosa. C’è davvero una totale consapevolezza, che è vasta e infinita, al di là di tempo e spazio. Quella è il sostegno di tutti i nostri pensieri ed emozioni. Comprendere questo, averlo visto perfino per un momento, si chiama la visione. Per noi è importante da afferrare il fatto che già la possediamo. Non abbiamo bisogno di portare qualcosa di estraneo. Non abbiamo bisogno neppure di sviluppare qualcosa. Abbiamo già tutto. Abbiamo solo bisogno di scoprirla. E’ sempre stata lì. E’ assolutamente perfetta così com’è. Ma non la riconosciamo. E’ come se stiamo al sole, poi entriamo dentro, tiriamo le persiane e diciamo che è buio. Ma il sole splende per tutto il tempo. Questa innata mente di saggezza sempre presente. Il nostro problema è che non lo riconosciamo.
C’è una storia di questo grande ed eccentrico Lama del secolo scorso il cui nome era Patrul Rinpoche. Uno dei suoi discepoli era un professore di filosofia ed era stato suo discepolo per molti anni. Era molto dotto e devoto. Perfino dopo tutti quegli anni, dopo tutto quel ricercare e tutte le pratiche che aveva fatto, egli non aveva visto la natura della mente, ed era molto depresso. Dopo tutto a cosa serve tutto questo se non realizzi la natura della mente? Sono solo parole e concetti che si sostengono reciprocamente. Poi, una notte era in ritiro all’eremitaggio di Patrul Rinpoche e Patrul Rinpoche gli disse, ”Andiamo fuori, stendiamoci per terra e osserviamo le stelle.” Il professore rispose “Va bene mi sembra un’ottima cosa.” Così andarono fuori. Si sdraiarono e alzarono gli occhi alle stelle. Poi, in lontananza, un cane abbaiò. Patrul Rinpoche chiese, ”Senti questo suono?” E lo studente rispose, “Sì, è l’abbaiare di un cane”. Allora Patrul Rinpoche disse, ”E’ quella.” E si alzò.
Stai comprendendo? Il fatto che siamo consapevoli che si tratta di un cane che abbaia, è quella. Ma noi non la riconosciamo. Pensiamo debba
essere qualcosa di ancora più eccitante, e così siamo sempre alla ricerca di qualcosa che sia superiore e più eccitante. Una volta chiesi a uno yogi del mio monastero di dare la trasmissione orale di un famoso testo Dzogchen di Shabkar Rinpoche. E’ stato tradotto in Inglese come The flight of the Garuda (Il volo del Garuda). Stava dando questa trasmissione orale quando si fermò a metà e disse, ”Lo sai, il problema di questi testi è che fanno pensare a qualcosa di così lontano, così lontano, così incredibilmente vasto, quando in realtà è così assolutamente semplice. E’ così ordinario che ci sfugge.” Così dobbiamo passare per tutte queste centomila prostrazioni, e offerte del mandala, e milioni di mantra, e tutte queste visualizzazioni straordinariamente complesse proprio per ritornare dove siamo sempre stati e, per la prima volta, riconoscerci a casa.
Abbiamo stabilito che la natura della nostra consapevolezza è chiarezza e vacuità. Sin da un tempo senza inizio, questo è quello che siamo stati e quello che siamo. Fondandoci su questa visione, cominciamo a praticare. La visione è così importante perché essa è il fondamento e rafforza tutto quello che viene dopo. E’ importante capire che abbiamo già tutto ciò di cui abbiamo bisogno. L’esempio Tibetano è quello di una persona che ha uno scrigno con un tesoro infinito, pieno di diamanti, oro e tutti i tipi di ricchezze, sepolte sotto la sua casa. Ma le ha dimenticate, vive come un mendicante, andando ogni giorno a raccogliere poche miserabili monete. Questo è quello che noi siamo. Noi possediamo tutto quello di cui possiamo aver bisogno. Noi abbiamo la natura di Buddha. Ma siamo così poveri. Ci sentiamo così indegni. Pensiamo di essere falliti come esseri umani. Ci sentiamo così alienati, così inutili. Pensiamo, ”Altre persone possono essere capaci di fare tutte queste cose meravigliose, ma io non posso fare nulla. Sono così stupido. Rovino tutto. Ho avuto un’orribile infanzia, e ora sono completamente deformato e non c’è più nulla da fare. Forse uno psichiatra mi può almeno aiutare ad affrontare ogni miserabile giorno come viene, ”Tuttavia per tutto il tempo siamo dei Buddha! Da sempre abbiamo questa infinita quantità di saggezza e compassione dentro di noi. E’ proprio per essere diventati bloccati, che non riusciamo a trovarla.
E’ importante sapere che non siamo degli spregevoli vermi. Noi possediamo il totale potenziale di un Buddha. E’ solo un pò oscurato al momento. Se ora usciamo fuori e cerchiamo di vedere il cielo blu, ci sono molte nuvole lì, e non lo vediamo. Ma il cielo è sempre lì. Comunque possano essere spesse le nuvole, il cielo è sempre lì. E’ come quando andiamo in aeroplano. Le nuvole sono lì, ma al di là di esse c’è un profondo ed infinito cielo blu. Tutti noi vi possiamo accedere. Non siamo peccatori ignoranti. Al fondamento del nostro essere, c’è infinita saggezza e compassione. Noi ne abbiamo persa la visione, ma ci possiamo ritornare in un millisecondo, proprio come se ci trovassimo in una stanza al buio da centinaia d’anni, e nel momento in cui accendi la luce, essa s’illumina. Proprio perché è stata al buio per centinaia di anni non significa che ci vorrà molto tempo per accendere la luce. Il tempo di accendere e la luce subito è lì. Per quanto sia profonda la nostra ignoranza per quanto lo sia la nostra mancanza di dignità, per quanto ci sentiamo sommersi dalle nostre emozioni negative, per quanto ci sentiamo alienati e isolati, nel momento in cui accediamo alla natura incondizionata della mente, tutto scompare.
Naturalmente, può darsi che tutto ritorni. L’illuminazione non è usualmente un’unica esperienza come alcune persone pensano. Ma quel momento di visione trasforma tutto. E realizziamo che ci siamo sempre identificati con le cose peggiori. Che non è chi siamo veramente! Questo è il motivo per cui questa iniziale scoperta fondamentale è molto enfatizzata in tutte le scuole del Buddhismo. Il mio Lama d’abitudine diceva, che una volta che hai realizzato la natura della mente puoi cominciare a meditare. Prima di questo ci stai girando attorno, cercando di riuscirci. All’improvviso ci riesci e ne ricevi un lampo. Ora sai ciò che stai facendo. Successivamente cominci ad imparare come riprodurre questi barlumi e poi come prolungarli. Poi impari come integrare questa conoscenza con la consapevolezza quotidiana.
Uno dei problemi del non avere un insegnante è che alcune persone sperimentano una profonda svolta ed erroneamente pensano di essersi illuminati. Allora si considerano come degli esseri illuminati. Questo perché non hanno un insegnante che gli dice,
“Sì, eccellente, buono, continua a stare seduto” C’è una storia riguardo a Gampopa. Era il discepolo principale di Milarepa, il grande yogi dell’XI secolo. Oltre ad essere un grande meditante, era anche un professore. Ebbe un certo numero di discepoli, ma i due principali furono Dusum Khyenpa, che fu il primo Karmapa, e Pagmo Drupa. Da Pagmo Drupa derivarono tutte le altre scuole Kagyupa. Una volta, si dice che Pagmo Drupa stesse meditando da lungo tempo e non stesse accadendo nulla. Era diventato disilluso. In una occasione meditò per un’intera notte e ci fu una breccia. Divenne abbastanza eccitato. Si precipitò fuori per parlare con Gampopa. Si era nelle prime ore del mattino. Gampopa stava mangiando tsampa, che è farina d’orzo tostata. Questa viene unita a burro, tè e foggiata in palle, chiamate pag: Gampopa era seduto a mangiare la sua pag. Pagmo Drupa si precipitò e disse, “ Oh, ho avuto questa esperienza. Ho compreso finalmente.” Egli descrisse la sua esperienza. Era così eccitato. Gampopa rimase semplicemente seduto e disse, ”Penso di preferire il mio pag alla tua esperienza.” Così lo studente ritornò di nuovo a sedersi un altro po’. Questo è ciò a cui serve un maestro!
Ovviamente la scoperta iniziale è molto importante. Il mio insegnante la spiegò dicendo, ” E’ come se stessi percorrendo una tortuosa strada di montagna per raggiungere una città. Non sei sicuro che questa via realmente giunga a quella città. Non sei nemmeno certo che quella città esista. Ma hai sentito che è lì. Quindi hai fiducia che alla fine questa via ti farà giungere lì, se persisterai nel procedere. C’è poca segnaletica stradale. Poi un giorno giri l’angolo, e lì, in lontananza, c’è la città. Questa è una svolta enorme nel tuo viaggio. Ora sai che la città esiste. Ora sai che questa via porta lì. Forse poiché la via è tortuosa, ci saranno delle volte in cui non si vedrà più la città. Ma ogni volta cha la vedi diventa più vicina. Comunque non sei ancora in città. Ne stai semplicemente vedendo degli scorci. Ma un giorno, a condizione che tu tenga duro, arriverai alla città, e sarai capace di vivere lì. Allora sarai un Buddha.”
Un altro esempio fu dato da un maestro Zen che viveva a Londra diversi anni fa. Egli disse che la mente è come un grande specchio. E’ ricoperta da polvere. Quindi ti procuri un piccolo spillo e fai dei forellini nella
polvere. Attraverso questi vedi la luminosità dello specchio. La maggior parte dello specchio è coperto ancora da polvere, ma questo piccolo bagliore di luce è la reale natura dello specchio. Naturalmente, non tutto è stato ancora scoperto, ma questo è un grande passo in avanti. Ora vedi che sotto tutta questa polvere c’è un brillare di luce. Il compito ora è rendere questo piccolo bagliore più grande o creare più sempre più punti luminosi finchè questi si collegano e alla fine l’intero specchio è completamente pulito. Questo è il motivo per cui si dice che l’iniziale realizzazione della natura della mente è la prima scoperta fondamentale. Questo è un punto molto importante in tutte le scuole del Buddhismo Tibetano. In quel momento, cessi di essere una persona ordinaria. Diventi nel gergo Buddhista un arya, un eletto. Non significa che hai terminato. Non significa che sei un bodhisattva di alto livello. Ma, tuttavia, questa è una grande svolta fondamentale. Ora sappiamo ciò che è vero e ciò che non è vero. Non dobbiamo più prendere tutto per fede. E’ una esperienza diretta non duale. Il fatto è che è molto semplice. Non è difficile, e non è qualcosa che può essere ottenuto solo dopo anni e anni di pratica. Il nostro ostacolo principale è che non sappiamo come rilassare abbastanza le nostre menti per essere aperti a questa esperienza. Al fondo delle nostre menti manteniamo il pensiero che questo è un qualcosa di veramente difficile e avanzato. Per tale motivo non riconosciamo ciò che è davanti alla nostra faccia. Per tale motivo la presenza di un insegnante può risultare estremamente utile. Un insegnante vivendo dentro questa realizzazione è capace -se la mente del discepolo è completamente aperta- di trasmettere la sua esperienza. Il problema qui è che abbiamo troppe speranze e paure, che creano una barriera. E’ molto difficile essere aperti. Non puoi solo volerlo.
Ho conosciuto una monaca Inglese sulla settantina e sua figlia, sulla cinquantina, anch’essa monaca. Mi disse che una volta era state alla comunità del mio Lana a Tashi Jong per le danze del lama. Questo accadeva al tempo in cui era ancora vivo il precedente Khamtrul Rinpoche. Non era sua discepola. Aveva un insegnante Gelugpa. Stava solo seduta lì, osservando le danze. Il mio Lama stava danzando. Era un abile danzatore e lei lo stava osservando.
Durante la danza gli girò attorno e la osservò direttamente. In quel momento, la sua mente cadde a pezzi, ed ella realizzò la natura della mente. Ella non era ancora la sua discepola, ma in quel momento era totalmente aperta e lui lo sapeva.
E’ così vicina che non la vediamo. Questo è il motivo per cui un insegnante qualificato può essere molto utile. Alcuni Tibetani dicono che è quasi impossibile realizzare la natura della mente senza un insegnante. Io non credo che questo sia vero. Alcuni realizzano la natura della mente spontaneamente senza un insegnante. Ma un buon insegnante aiuta.
Ora penso che semplicemente siederemo per un quarto d’ora. E vi dirò quello che voglio voi facciate. Fatelo con il vostro ritmo. Prima di tutto portate voi stessi nel presente. Portate chiaramente la mente nella stanza. Poi portate la mente tranquillamente nel corpo. In altre parole, siate consapevoli di come state sedendo. Siate consapevoli della vostra postura. Siate consapevoli di ogni pressione sul corpo. Semplicemente notate questo. Poi, molto tranquillamente portate l’attenzione sul respiro che va e viene. Non riflettete sul respiro. Non guardatelo in distanza come se foste nella vostra testa. Osservate l’ingresso del respiro. Provatene solo l’esperienza. Fluite con l’inspirazione e con l’espirazione.
Mentre fate questo, iniziate a pensare pensieri. Noi tutti pensiamo pensieri. I pensieri sono solo il gioco naturale della mente. Sono come onde sulla superficie del mare. Non sono un problema. E’ la natura della mente pensare i pensieri, ma non dobbiamo seguirli. Non dobbiamo dare loro energia. Così fate cadere i pensieri sul passato, fermate quelli che anticipano il futuro, e non date alcuna energia a quelli del presente. Siate con il respiro che entra e con il respiro che esce. Quando udiamo un rumore, sono solo onde che urtano sull’organo dell’udito. I rumori sono naturali. Udirli è naturale. Non è importante. Non date alcuna energia a nulla. Se sentite un rumore e cominciate a pensare,” Oh che rumore orribile,” o, “Desidero che questo rumore si fermi,” semplicemente siate consapevoli che questo è ciò che state pensando e proseguite. Qualsiasi cosa accada va bene. Non c’è problema. Qualunque cosa viene, la riconosciamo, la accettiamo, e poi la lasciamo andare.
Molto semplice. Rimanete con il respiro. Quando lo perdete, riportate con gentilezza la mente lì. Qualunque cosa accada, riconoscetela, accettatela, e poi lasciatela andare.
modificare.
Tenzin Palmo (tratto da : "Reflection on a Mountain Lake")
Tradizionalmente, la via Buddhista può essere divisa in tre stadi: visione, meditazione, ed azione. Dapprima sviluppiamo la corretta visione, su cui poi meditiamo e poi la mettiamo in pratica nelle nostre vite. Nella tradizione Buddhista, ciò che chiamiamo visione è noto in Sanscrito come drishti e in Tibetano come ta wa. Essa indica la maniera con cui guardare alle cose. Essa è considerata estremamente importante. La Quarta Nobile Verità insegnata dal Buddha è la verità della via. La via alla quale mi sto riferendo è il Nobile Ottuplice Sentiero, che comincia con la corretta visione. Dobbiamo riflettere un po’ sul perché la visione è presentata per prima. Perché il nostro modo fondamentale di vedere la vita influenza ogni cosa che pensiamo e facciamo. Perfino le persone che dicono di non avere alcuna filosofia di vita stanno affermando una filosofia. Questa conoscenza influenzerà il loro pensiero e tutto ciò che fanno con le loro vite. Questa è l’essenza di tutto. La nostra visione determina come vediamo le cose, ciò che pensiamo sia importante, ciò che pensiamo non sia importante, i nostri pregiudizi e le nostre inclinazioni. Essa determinerà se daremo valore o no ad argomenti spirituali e creerà i presupposti per il nostro percorso spirituale.
Perché siamo qui oggi? Perché abbiamo un qualche interesse innato nello scoprire una dimensione spirituale nelle nostre vite. Il fatto che pensiate che avere una dimensione spirituale sia importante è la vostra visione. Se non pensaste che trattare con la mente fosse importante, voi non sareste qui. Il nostro basilare modo di vedere è il fondamento. Nelle scuole Tibetane dell’allenamento mentale, come Mahamudra e Dzogchen, una linea di divisione è tracciata tra il nostro modo di vedere di fondo, lo sviluppo interiore della mente che sorge da questa visione, e come lo incorporiamo nelle nostre vite quotidiane. Non è sufficiente possedere una visione ampia. Se non c’è corrispondenza tra i punti di vista e la nostra condotta, siamo in pericolo.
Guru Padmasambhava una volta disse al Re Trisong Detsen, ”La vostra visione deve essere vasta come il cielo, ma la vostra condotta deve essere fine come la farina”
Ci sono persone che sviluppano vasti punti di vista, vedono ogni cosa come vacuità, la vastità dello spazio, e tutto quello che accade come il gioco interdipendente di beatitudine e vacuità. Danno un’ottima impressione. Poi quando sono arroganti, rudi, privi di etica, o disonesti, sostengono che non è importante poiché tutto è comunque vacuità. Credono che il Tantra dia loro una licenza di fare ciò che vogliono. Non è importante, dicono, perché tutto è solo un’espressione della nostra natura primordiale, qualunque cosa questo significhi. Quindi dobbiamo essere molto attenti. Attenti a rendere la nostra visione molto chiara e vasta, ma al tempo stesso mantenere la nostra condotta attenta e precisa. Dobbiamo evitare di cadere in ciò che i Tibetani chiamano la “via del Demone Nero”, pensando che poiché la realtà assoluta è vasta, una spaziosa vacuità, non c’è alcuna differenza in quello che facciamo. Stiamo usando “visione” per indicare la ”conoscenza della natura ultima della mente”. Da un punto di vista Buddhista, qualsiasi cosa è una espressione della nostra mente. Uno dei problemi della società occidentale è quello di sentirci centrati nelle nostre teste. Questo condiziona moltissimo il modo con cui pratichiamo. Quando iniziate a praticare meditazione Mahamudra o Dzogchen, una delle domande che i lama Tibetani fanno sempre è, ”Dov’è la mente?” Poi chiedono ”E’ nel cuore? E’ nello stomaco? E’ nei tuoi piedi? E’ nel tuo intero corpo? E’ dentro di te, o è fuori di te?” Raramente chiedono se è nella testa. A loro non passa per la testa. Che stupida idea! E tuttavia la maggior parte degli occidentali risponderà, ”Ovviamente, la mente è nella testa.” Interessante. Dov’è la mente? Prima di abbandonare l’intera questione e dire ”Ovviamente è nel cervello”, considera che quando qualcuno ti accusa e dice, ”So che tu mi hai rubato del denaro,” per esempio, e rispondi “Ti riferisci a me?” tu indichi il centro del tuo torace, non della tua testa. La maggior parte dei tuoi organi sensoriali sono nella testa giusto? Il nostro naso, i nostri occhi, le nostre orecchie. Ma quando diciamo di sentire qualcosa davvero in profondità, indichiamo il nostro cuore. Pensa a questo. Chiedi a te stesso il perché è così.
Da un punto di vista Buddhista il cervello è solamente il computer. E’ la parte che fa la programmazione. Ma quale è l’energia che guida il
computer? Senza questa energia il computer è morto. L’energia che fa funzionare il computer non risiede nel computer stesso. Recentemente sto leggendo una serie di articoli scritti da alcuni fra i più importanti neurochirurghi. Uno di loro ha fatto notare che sebbene ora conosciamo molto sul cervello, non abbiamo ancora trovato la mente. I Tibetani conoscono il cervello. Se qualcuno è molto tradizionale, incapace di accettare nuove idee, molto preso da vecchi modi di pensiero, i Tibetani li chiamano “quelli dal cervello verde”. L’idea è che il cervello è diventato ammuffito. Essi comprendono che il cervello ha anche fare col pensiero, ma che il pensiero non è la mente. Quando parliamo della mente nel Buddhismo, non ci stiamo riferendo alle facoltà intellettuali. Ci riferiamo a qualcosa di molto più profondo. Infatti, le parole mente e cuore sono intercambiabili. Spesso sono la stessa parola. La parola fondamentale, che è chitta in Sanscrito e sem in Tibetano, significa sia cuore che mente.
Qui nel cuore è dove ti concentri. Questo ti da l’energia, la corrente elettrica per far funzionare il computer senza la quale il computer è morto. Quindi quando meditiamo, dobbiamo imparare a portare quella energia giù a livello del cuore.
Ritorniamo all’argomento specifico della visione. In termini tradizionali, la visione afferma che la nostra mente di saggezza primordiale è vacuità e consapevolezza riunite. Se possiamo aprirci un varco alla natura incondizionata della mente, la condizione fondamentale di chi realmente siamo, restiamo nella consapevolezza non-duale. Siamo coscienza; che è quello che siamo. Conosciamo. Se non conosciamo, siamo addormentati, in un coma, o morti. Conosciamo. Siamo svegli. Ma quella consapevolezza non è concreta. Non è qualcosa alla quale possiamo aggrapparci e dire “Questa è la mia consapevolezza” o “Questo è me”. Essa è trasparente, aperta, e spaziosa. Nella parlata Tibetana, è vuota. Vuota qui significa “come il cielo”. Loro dicono che la mente è come il cielo. Ora, perché dicono questo? Perché se pensi a un cielo profondo, vasto, blu, esso è omnicomprensivo. Esso è lì in alto, ma al tempo stesso è qui in basso. Dove comincia il cielo? Non è, ”Questo è il mio cielo, qui c’è il tuo pezzetto e lì il mio pezzetto.” Appartiene a tutti. Ci sostiene. Senza
spazio non potremmo esistere. I Tibetani paragonano la nostra mente primordiale fondamentale al cielo o allo spazio perché è infinita e vasta, inoltre inafferrabile. Al tempo stesso, è diversa dallo spazio in quanto è consapevole.
Quando otteniamo accesso a questo livello della nostra mente è come essere consapevoli per la prima volta. Questa consapevolezza è non duale; non c’è né soggetto né oggetto. Non c’è un senso di “Io” che fa qualcosa. C’è davvero una totale consapevolezza, che è vasta e infinita, al di là di tempo e spazio. Quella è il sostegno di tutti i nostri pensieri ed emozioni. Comprendere questo, averlo visto perfino per un momento, si chiama la visione. Per noi è importante da afferrare il fatto che già la possediamo. Non abbiamo bisogno di portare qualcosa di estraneo. Non abbiamo bisogno neppure di sviluppare qualcosa. Abbiamo già tutto. Abbiamo solo bisogno di scoprirla. E’ sempre stata lì. E’ assolutamente perfetta così com’è. Ma non la riconosciamo. E’ come se stiamo al sole, poi entriamo dentro, tiriamo le persiane e diciamo che è buio. Ma il sole splende per tutto il tempo. Questa innata mente di saggezza sempre presente. Il nostro problema è che non lo riconosciamo.
C’è una storia di questo grande ed eccentrico Lama del secolo scorso il cui nome era Patrul Rinpoche. Uno dei suoi discepoli era un professore di filosofia ed era stato suo discepolo per molti anni. Era molto dotto e devoto. Perfino dopo tutti quegli anni, dopo tutto quel ricercare e tutte le pratiche che aveva fatto, egli non aveva visto la natura della mente, ed era molto depresso. Dopo tutto a cosa serve tutto questo se non realizzi la natura della mente? Sono solo parole e concetti che si sostengono reciprocamente. Poi, una notte era in ritiro all’eremitaggio di Patrul Rinpoche e Patrul Rinpoche gli disse, ”Andiamo fuori, stendiamoci per terra e osserviamo le stelle.” Il professore rispose “Va bene mi sembra un’ottima cosa.” Così andarono fuori. Si sdraiarono e alzarono gli occhi alle stelle. Poi, in lontananza, un cane abbaiò. Patrul Rinpoche chiese, ”Senti questo suono?” E lo studente rispose, “Sì, è l’abbaiare di un cane”. Allora Patrul Rinpoche disse, ”E’ quella.” E si alzò.
Stai comprendendo? Il fatto che siamo consapevoli che si tratta di un cane che abbaia, è quella. Ma noi non la riconosciamo. Pensiamo debba
essere qualcosa di ancora più eccitante, e così siamo sempre alla ricerca di qualcosa che sia superiore e più eccitante. Una volta chiesi a uno yogi del mio monastero di dare la trasmissione orale di un famoso testo Dzogchen di Shabkar Rinpoche. E’ stato tradotto in Inglese come The flight of the Garuda (Il volo del Garuda). Stava dando questa trasmissione orale quando si fermò a metà e disse, ”Lo sai, il problema di questi testi è che fanno pensare a qualcosa di così lontano, così lontano, così incredibilmente vasto, quando in realtà è così assolutamente semplice. E’ così ordinario che ci sfugge.” Così dobbiamo passare per tutte queste centomila prostrazioni, e offerte del mandala, e milioni di mantra, e tutte queste visualizzazioni straordinariamente complesse proprio per ritornare dove siamo sempre stati e, per la prima volta, riconoscerci a casa.
Abbiamo stabilito che la natura della nostra consapevolezza è chiarezza e vacuità. Sin da un tempo senza inizio, questo è quello che siamo stati e quello che siamo. Fondandoci su questa visione, cominciamo a praticare. La visione è così importante perché essa è il fondamento e rafforza tutto quello che viene dopo. E’ importante capire che abbiamo già tutto ciò di cui abbiamo bisogno. L’esempio Tibetano è quello di una persona che ha uno scrigno con un tesoro infinito, pieno di diamanti, oro e tutti i tipi di ricchezze, sepolte sotto la sua casa. Ma le ha dimenticate, vive come un mendicante, andando ogni giorno a raccogliere poche miserabili monete. Questo è quello che noi siamo. Noi possediamo tutto quello di cui possiamo aver bisogno. Noi abbiamo la natura di Buddha. Ma siamo così poveri. Ci sentiamo così indegni. Pensiamo di essere falliti come esseri umani. Ci sentiamo così alienati, così inutili. Pensiamo, ”Altre persone possono essere capaci di fare tutte queste cose meravigliose, ma io non posso fare nulla. Sono così stupido. Rovino tutto. Ho avuto un’orribile infanzia, e ora sono completamente deformato e non c’è più nulla da fare. Forse uno psichiatra mi può almeno aiutare ad affrontare ogni miserabile giorno come viene, ”Tuttavia per tutto il tempo siamo dei Buddha! Da sempre abbiamo questa infinita quantità di saggezza e compassione dentro di noi. E’ proprio per essere diventati bloccati, che non riusciamo a trovarla.
E’ importante sapere che non siamo degli spregevoli vermi. Noi possediamo il totale potenziale di un Buddha. E’ solo un pò oscurato al momento. Se ora usciamo fuori e cerchiamo di vedere il cielo blu, ci sono molte nuvole lì, e non lo vediamo. Ma il cielo è sempre lì. Comunque possano essere spesse le nuvole, il cielo è sempre lì. E’ come quando andiamo in aeroplano. Le nuvole sono lì, ma al di là di esse c’è un profondo ed infinito cielo blu. Tutti noi vi possiamo accedere. Non siamo peccatori ignoranti. Al fondamento del nostro essere, c’è infinita saggezza e compassione. Noi ne abbiamo persa la visione, ma ci possiamo ritornare in un millisecondo, proprio come se ci trovassimo in una stanza al buio da centinaia d’anni, e nel momento in cui accendi la luce, essa s’illumina. Proprio perché è stata al buio per centinaia di anni non significa che ci vorrà molto tempo per accendere la luce. Il tempo di accendere e la luce subito è lì. Per quanto sia profonda la nostra ignoranza per quanto lo sia la nostra mancanza di dignità, per quanto ci sentiamo sommersi dalle nostre emozioni negative, per quanto ci sentiamo alienati e isolati, nel momento in cui accediamo alla natura incondizionata della mente, tutto scompare.
Naturalmente, può darsi che tutto ritorni. L’illuminazione non è usualmente un’unica esperienza come alcune persone pensano. Ma quel momento di visione trasforma tutto. E realizziamo che ci siamo sempre identificati con le cose peggiori. Che non è chi siamo veramente! Questo è il motivo per cui questa iniziale scoperta fondamentale è molto enfatizzata in tutte le scuole del Buddhismo. Il mio Lama d’abitudine diceva, che una volta che hai realizzato la natura della mente puoi cominciare a meditare. Prima di questo ci stai girando attorno, cercando di riuscirci. All’improvviso ci riesci e ne ricevi un lampo. Ora sai ciò che stai facendo. Successivamente cominci ad imparare come riprodurre questi barlumi e poi come prolungarli. Poi impari come integrare questa conoscenza con la consapevolezza quotidiana.
Uno dei problemi del non avere un insegnante è che alcune persone sperimentano una profonda svolta ed erroneamente pensano di essersi illuminati. Allora si considerano come degli esseri illuminati. Questo perché non hanno un insegnante che gli dice,
“Sì, eccellente, buono, continua a stare seduto” C’è una storia riguardo a Gampopa. Era il discepolo principale di Milarepa, il grande yogi dell’XI secolo. Oltre ad essere un grande meditante, era anche un professore. Ebbe un certo numero di discepoli, ma i due principali furono Dusum Khyenpa, che fu il primo Karmapa, e Pagmo Drupa. Da Pagmo Drupa derivarono tutte le altre scuole Kagyupa. Una volta, si dice che Pagmo Drupa stesse meditando da lungo tempo e non stesse accadendo nulla. Era diventato disilluso. In una occasione meditò per un’intera notte e ci fu una breccia. Divenne abbastanza eccitato. Si precipitò fuori per parlare con Gampopa. Si era nelle prime ore del mattino. Gampopa stava mangiando tsampa, che è farina d’orzo tostata. Questa viene unita a burro, tè e foggiata in palle, chiamate pag: Gampopa era seduto a mangiare la sua pag. Pagmo Drupa si precipitò e disse, “ Oh, ho avuto questa esperienza. Ho compreso finalmente.” Egli descrisse la sua esperienza. Era così eccitato. Gampopa rimase semplicemente seduto e disse, ”Penso di preferire il mio pag alla tua esperienza.” Così lo studente ritornò di nuovo a sedersi un altro po’. Questo è ciò a cui serve un maestro!
Ovviamente la scoperta iniziale è molto importante. Il mio insegnante la spiegò dicendo, ” E’ come se stessi percorrendo una tortuosa strada di montagna per raggiungere una città. Non sei sicuro che questa via realmente giunga a quella città. Non sei nemmeno certo che quella città esista. Ma hai sentito che è lì. Quindi hai fiducia che alla fine questa via ti farà giungere lì, se persisterai nel procedere. C’è poca segnaletica stradale. Poi un giorno giri l’angolo, e lì, in lontananza, c’è la città. Questa è una svolta enorme nel tuo viaggio. Ora sai che la città esiste. Ora sai che questa via porta lì. Forse poiché la via è tortuosa, ci saranno delle volte in cui non si vedrà più la città. Ma ogni volta cha la vedi diventa più vicina. Comunque non sei ancora in città. Ne stai semplicemente vedendo degli scorci. Ma un giorno, a condizione che tu tenga duro, arriverai alla città, e sarai capace di vivere lì. Allora sarai un Buddha.”
Un altro esempio fu dato da un maestro Zen che viveva a Londra diversi anni fa. Egli disse che la mente è come un grande specchio. E’ ricoperta da polvere. Quindi ti procuri un piccolo spillo e fai dei forellini nella
polvere. Attraverso questi vedi la luminosità dello specchio. La maggior parte dello specchio è coperto ancora da polvere, ma questo piccolo bagliore di luce è la reale natura dello specchio. Naturalmente, non tutto è stato ancora scoperto, ma questo è un grande passo in avanti. Ora vedi che sotto tutta questa polvere c’è un brillare di luce. Il compito ora è rendere questo piccolo bagliore più grande o creare più sempre più punti luminosi finchè questi si collegano e alla fine l’intero specchio è completamente pulito. Questo è il motivo per cui si dice che l’iniziale realizzazione della natura della mente è la prima scoperta fondamentale. Questo è un punto molto importante in tutte le scuole del Buddhismo Tibetano. In quel momento, cessi di essere una persona ordinaria. Diventi nel gergo Buddhista un arya, un eletto. Non significa che hai terminato. Non significa che sei un bodhisattva di alto livello. Ma, tuttavia, questa è una grande svolta fondamentale. Ora sappiamo ciò che è vero e ciò che non è vero. Non dobbiamo più prendere tutto per fede. E’ una esperienza diretta non duale. Il fatto è che è molto semplice. Non è difficile, e non è qualcosa che può essere ottenuto solo dopo anni e anni di pratica. Il nostro ostacolo principale è che non sappiamo come rilassare abbastanza le nostre menti per essere aperti a questa esperienza. Al fondo delle nostre menti manteniamo il pensiero che questo è un qualcosa di veramente difficile e avanzato. Per tale motivo non riconosciamo ciò che è davanti alla nostra faccia. Per tale motivo la presenza di un insegnante può risultare estremamente utile. Un insegnante vivendo dentro questa realizzazione è capace -se la mente del discepolo è completamente aperta- di trasmettere la sua esperienza. Il problema qui è che abbiamo troppe speranze e paure, che creano una barriera. E’ molto difficile essere aperti. Non puoi solo volerlo.
Ho conosciuto una monaca Inglese sulla settantina e sua figlia, sulla cinquantina, anch’essa monaca. Mi disse che una volta era state alla comunità del mio Lana a Tashi Jong per le danze del lama. Questo accadeva al tempo in cui era ancora vivo il precedente Khamtrul Rinpoche. Non era sua discepola. Aveva un insegnante Gelugpa. Stava solo seduta lì, osservando le danze. Il mio Lama stava danzando. Era un abile danzatore e lei lo stava osservando.
Durante la danza gli girò attorno e la osservò direttamente. In quel momento, la sua mente cadde a pezzi, ed ella realizzò la natura della mente. Ella non era ancora la sua discepola, ma in quel momento era totalmente aperta e lui lo sapeva.
E’ così vicina che non la vediamo. Questo è il motivo per cui un insegnante qualificato può essere molto utile. Alcuni Tibetani dicono che è quasi impossibile realizzare la natura della mente senza un insegnante. Io non credo che questo sia vero. Alcuni realizzano la natura della mente spontaneamente senza un insegnante. Ma un buon insegnante aiuta.
Ora penso che semplicemente siederemo per un quarto d’ora. E vi dirò quello che voglio voi facciate. Fatelo con il vostro ritmo. Prima di tutto portate voi stessi nel presente. Portate chiaramente la mente nella stanza. Poi portate la mente tranquillamente nel corpo. In altre parole, siate consapevoli di come state sedendo. Siate consapevoli della vostra postura. Siate consapevoli di ogni pressione sul corpo. Semplicemente notate questo. Poi, molto tranquillamente portate l’attenzione sul respiro che va e viene. Non riflettete sul respiro. Non guardatelo in distanza come se foste nella vostra testa. Osservate l’ingresso del respiro. Provatene solo l’esperienza. Fluite con l’inspirazione e con l’espirazione.
Mentre fate questo, iniziate a pensare pensieri. Noi tutti pensiamo pensieri. I pensieri sono solo il gioco naturale della mente. Sono come onde sulla superficie del mare. Non sono un problema. E’ la natura della mente pensare i pensieri, ma non dobbiamo seguirli. Non dobbiamo dare loro energia. Così fate cadere i pensieri sul passato, fermate quelli che anticipano il futuro, e non date alcuna energia a quelli del presente. Siate con il respiro che entra e con il respiro che esce. Quando udiamo un rumore, sono solo onde che urtano sull’organo dell’udito. I rumori sono naturali. Udirli è naturale. Non è importante. Non date alcuna energia a nulla. Se sentite un rumore e cominciate a pensare,” Oh che rumore orribile,” o, “Desidero che questo rumore si fermi,” semplicemente siate consapevoli che questo è ciò che state pensando e proseguite. Qualsiasi cosa accada va bene. Non c’è problema. Qualunque cosa viene, la riconosciamo, la accettiamo, e poi la lasciamo andare.
Molto semplice. Rimanete con il respiro. Quando lo perdete, riportate con gentilezza la mente lì. Qualunque cosa accada, riconoscetela, accettatela, e poi lasciatela andare.
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Tenzin Palmo (tratto da : "Reflection on a Mountain Lake")